La fame nel mondo
Oggi, oltre 820 milioni di persone soffrono la fame nel mondo, ovvero 1 persona su 9: molto più di tutta la popolazione Europea!
Negli anni scorsi, il numero di persone colpite dalla fame è aumentato, cancellando buona parte degli sforzi passati. Ma quali sono, quindi, le cause della fame nel 2024? E quali le conseguenze? Su di un tema di grande attualità, legato a doppio filo, al tema della crisi climatica e alle politiche economiche, con grandi ricadute sull’aspetto di salute si confronteranno le tre Accademie torinesi.
Il prof. Pietro Terna nella sua relazione dal titolo “Equilibri per un mondo che ha fame” rifletterà sulla domanda, cui come economisti, è difficile rispondere: perché c'è ancora la fame nel XXI secolo?
Tenterà di farlo esplorando i temi della disuguaglianza, della formazione, della tecnologia e della produttività. Sullo sfondo il cambiamento climatico, le catastrofi naturali, le epidemie e, molto in primo piano, le guerre. Presenterà anche un modello di simulazione ad agenti, cioè composto da tantissime micro-componenti come se fossero persone, per valutare le conseguenze di possibili equilibri e disequilibri sulla fame e sulla sussistenza delle persone.
Il prof. Amedeo Reyneri di Lagnasco affronterà la questione “Modelli di agricoltura e contrasto alla fame: riflessioni tra passato, presente e futuro”. Nella storia dell’umanità l’evoluzione dal paleolitico al neolitico segna il passaggio da una società di cacciatori-raccoglitori nomadi a una società agricola sedentaria. La capacità di domesticare piante utili e animali a fini produttivi ha offerto risorse impensabili rispetto al binomio caccia-raccolta, determinando una progressiva crescita della popolazione umana. La dipendenza dalle risorse del territorio è diminuita, e così la frequenza con cui tali risorse scarseggiano a causa delle avversità abiotiche e biotiche.
Tuttavia, quando nel corso del tempo si è verificata una riduzione delle risorse alimentari disponibili, l’impatto su una popolazione crescente è diventato più severo e le carestie più drammatiche. In tempi recenti lo sviluppo delle conoscenze e la globalizzazione hanno ridotto progressivamente il rischio delle carestie perché hanno aumentato la capacità del sistema agro-alimentare di rispondere alla domanda crescente di alimenti economici e sani, l’efficienza della rete logistica dei trasporti e ridotto i vincoli dovuti a barriere e dazi. In prospettiva, diversi aspetti possono ostacolare la lotta alla fame e accrescere i potenziali rischi di nuove carestie: i limiti alla crescita delle produzioni agricoli, la crisi climatica e l’erosione della risorsa suolo, l’avvento della post-globalizzazione e i vincoli alla circolazione delle commodities agricole, l’affermarsi di stili alimentari scorretti e ad elevato consumo. In tale contesto gli orientamenti socio-culturali e politici verso l’ambiente e l’agricoltura sono oggetto di profonda riflessione per il contrasto tra l’esigenza di favorire la crescita di modelli agro-alimentari globali basati sull’intensificazione sostenibile o di modelli locali a indirizzo agro-ecologico.
Infine, Enrico Bertino tratterà il tema “Latte materno, sostenibilità e disuguaglianza”. Il latte materno rappresenta il gold standard per la nutrizione del neonato e del lattante, perché è specie-specifico e perché, accanto alle componenti nutrizionali, contiene fattori bioattivi responsabili delle funzioni antinfettive, immunomodulanti, di regolazione dei processi metabolici e di crescita. Tali funzioni sono alla base dei benefici clinici riportati in letteratura a breve termine e degli effetti protettivi sulle patologie croniche e sull’outcome neuroevolutivo fino all’adolescenza e all’età adulta.
Negli ultimi 30 anni numerose organizzazioni internazionali, capitanate da OMS e UNICEF, hanno anche iniziato a sottolineare la stretta correlazione fra allattamento (e in generale fra le scelte genitoriali sull’alimentazione dei bambini) e l’ambiente. In particolare, viene sottolineata la pesante ricaduta ambientale conseguente alla produzione, distribuzione, utilizzo e smaltimento dei rifiuti legata al consumo di sostituti del latte materno. Il latte umano può essere quindi considerato, oltre che un vero e proprio strumento di salute, un alimento “save the planet” e come tale dovrebbe esserne garantito un equo accesso a livello globale. Attualmente però i Paesi a risorse limitate sono anche quelli con i tassi di allattamento al seno più bassi, nonché minor presenza di Banche del Latte Umano Donato per i neonati più vulnerabili.
I risultati di un recente Progetto di Ricerca internazionale coordinato dall’Università di Oxford e al quale hanno partecipato la Neonatologia e l’Ostetricia dell’Università di Torino, dimostrano come la “nurture” – ambiente, condizioni socioeconomiche e nutrizione nelle prime fasi della vita – hanno un ruolo maggiore rispetto alla “nature” – le caratteristiche genetiche delle diverse popolazioni – nel condizionare crescita e sviluppo neuro evolutivo. Pertanto, nel determinare il divario di salute esistente tra le popolazioni del mondo, l’ambiente in generale e la nutrizione in particolare giocano un ruolo rilevante fin dai primi mesi di vita sia nei paesi a alto reddito che in quelli a risorse limitate. Gli interventi volti a promuovere l’allattamento materno costituiscono quindi un duplice investimento, a favore dell’ambiente e di una riduzione delle diseguaglianze di crescita, salute e neurosviluppo delle generazioni future.
Si consiglia la prenotazione al seguente link: https://www.eventbrite.it/e/biglietti-la-fame-nel-mondo-1088542713559?aff=oddtdtcreator
La seduta scientifica verrà registrata e messa a disposizione qualche giorno dopo sul sito www.accademiadellescienze.it.